Diario di bordo

A metà del percorso, con i programmi che procedono a vele spiegate. E’ un periodo intenso questo prima di Pasqua, i bambini sono ancora freschi, noi andiamo di gran carriera. I genitori si sono rilassati, passato l’incubo dad e organizzati nella consueta ormai routine. Qualcuno fatica a seguire i figli, che ormai sentono la primavera e sono meno docili ai doveri.

Prima ero al supermercato in incognito, ed ho beccato due donne che si lamentavano ‘Ma quella è matta, noi il sabato mica abbiamo tempo di stargli dietro, il nuoto del piccolo, il calcio del grande. Ho già i miei problemi non è che me ne devono dare altri, che loro nel week end sono belle tranquille. Poi se li tiene mio marito, quello non gli fa fare niente, e io la domenica sera devo fare la strega. Ma che vada senza compiti che tanto.’

Mi sono spalmata tra i biscotti e le marmellate e mi sono morsicata la lingua. Questo è quello che richiede la società adesso. Una scuola che sia una baby sitter, che non dia voti né lavori a casa, che non gliene dia troppi nemmeno in classe che sia mai che li stressi, che spieghi due o tre cose che al bambino piacciano, che li si faccia correre in cortile, parlare inglese e due conticini.

Io soprassiedo, scuoto la testa e continuo imperterrita a dare qualche operazione per compito anche durante la settimana (che i miei alunni fanno in pochi minuti e mi restano allenati), richiedo che mi ripetano la lezione assegnata (anche se con i giudizi ho dovuto cedere e non scendo sotto il benino, vincolata purtroppo dal sistema), pretendo il giusto e loro me lo danno, non mi sembrano devastati, anzi sono curiosi, vivaci, ridono alle battute e vengono a scuola volentieri.

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