A otto km dal lavoro

E a volte non basta, per mantenersi in incognita 😅

Capita così che in coda in cassa, al supermercato, senti urlare ‘Ciao maestra’ la domenica mattina, mentre tu arrivi da una notte insonne e sei in tuta e scarpe di pelo, e vorresti nasconderti dietro gli ovetti e i giornali. Oppure che vai a comprarti i jeans e la commessa che ti prende le misure sia una tua ex alunna. L’anno scorso sono andata a mangiare un kebab in una via sconosciuta ed era dello zio di un mio ex turco, ormai venticinquenne, che mi ha riconosciuta (io lui, no) e insomma il che a volte fa anche piacere.

Ma sto divagando, oggi ero in giro con la cagnolina e mi ferma una nonna, che mi conosce. Donna meravigliosa e giovanissima, tra l’altro. Preoccupata perché la nipotina, sei anni, va a scuola malvolentieri da un paio di mesi. Si chiude a riccio quando le chiede delle compagne, piange e mangia poco la sera.

Non ci sono problemi didattici, molto spesso i bambini più bravi e silenti, sono quelli che richiedono più attenzioni dal punto di vista emotivo. Sono i più sensibili. Studiano per un forte senso del dovere, sono precisi all’ossessione, e soffrono terribilmente per una litigata con l’amichetta, perché vengono prese in giro o perché vengono isolate. SI DEVE intervenire immediatamente ed in maniera decisa. Rassicurando la figlia, rinforzandone l’autostima, minimizzando l’accaduto, ma non trascurandolo. Le alleanze tra compagni, se escludono altri, possono essere tremende da sopportare. Quando si arriva verso la quinta elementare possono emergere già malizie da donne navigate, che rasentano il bullismo, se non arginate con buon senso e tempestività. Se la piccola soffre, il disagio va preso subito in carico. Si parla quanto prima con le insegnanti, che sono tenute a risolvere bisticci ed a riconciliare i gruppetti che si formano inevitabilmente nelle classi. A volte basta un sorriso e darsi la mano. Soprattutto tra i piccoli.

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Diario di bordo

A metà del percorso, con i programmi che procedono a vele spiegate. E’ un periodo intenso questo prima di Pasqua, i bambini sono ancora freschi, noi andiamo di gran carriera. I genitori si sono rilassati, passato l’incubo dad e organizzati nella consueta ormai routine. Qualcuno fatica a seguire i figli, che ormai sentono la primavera e sono meno docili ai doveri.

Prima ero al supermercato in incognito, ed ho beccato due donne che si lamentavano ‘Ma quella è matta, noi il sabato mica abbiamo tempo di stargli dietro, il nuoto del piccolo, il calcio del grande. Ho già i miei problemi non è che me ne devono dare altri, che loro nel week end sono belle tranquille. Poi se li tiene mio marito, quello non gli fa fare niente, e io la domenica sera devo fare la strega. Ma che vada senza compiti che tanto.’

Mi sono spalmata tra i biscotti e le marmellate e mi sono morsicata la lingua. Questo è quello che richiede la società adesso. Una scuola che sia una baby sitter, che non dia voti né lavori a casa, che non gliene dia troppi nemmeno in classe che sia mai che li stressi, che spieghi due o tre cose che al bambino piacciano, che li si faccia correre in cortile, parlare inglese e due conticini.

Io soprassiedo, scuoto la testa e continuo imperterrita a dare qualche operazione per compito anche durante la settimana (che i miei alunni fanno in pochi minuti e mi restano allenati), richiedo che mi ripetano la lezione assegnata (anche se con i giudizi ho dovuto cedere e non scendo sotto il benino, vincolata purtroppo dal sistema), pretendo il giusto e loro me lo danno, non mi sembrano devastati, anzi sono curiosi, vivaci, ridono alle battute e vengono a scuola volentieri.

#colloqui bimestrali e disgrafia

A distanza. Con la sala da pranzo in grandiente sfocato per la famiglia e la parete bianca per la docente, che se è in classe coi colleghi, ha anche la mascherina. Ergo non si capisce quasi nulla. Abbiamo superato la voce che arrivava in ritardo e le connessioni lente, ma la comunicazione è comunque poco lineare.

I genitori di oggi sanno tutto. La maestra, nulla. Sanno anche com’è il figlio in classe. E questo ha del fantascientifico. Non discuto sulla bontà delle affermazioni, ma all’interno di un gruppo le dinamiche cambiano e i bambini rivestono ruoli diversi, rispetto a quello consolidato che hanno in casa con voi. Chi è timido, tale rimane, ma potremmo notare un disagio maggiore, oppure una voglia di osare, che va premiata e che magari con i fratelli, viene meno. In poche parole ascoltateci. Potremmo sbagliare, ma abbiamo esperienza e buon senso.

Oggi ho spiegato per la decima volta a due genitori che Andrea è disgrafico, con dei tratti di disprassia. Non ce la fa con la motricità fine. Va analizzata la questione, da un esperto. E’ intelligente, sveglio, bravo, ma ha bisogno di esercitare la manualità nel piccolo. Ha una grafia illeggibile, non rispetta i quadretti né gli spazi, è disorientato da qualsiasi richiesta che presupponga l’uso di un piccolo strumento, per esempio la matita. Andrea ha un problema. Suggeriamo al padre di fargli avvitare piccole cose, aiutarlo a gonfiare la bicicletta, alla mamma di coinvolgerlo nel cucinare e nell’impastare, ma comunque di indagare. La risposta piccata è che anche lei, a suo tempo, era disordinata. Che lei gliela fa ricopiare, la pagina. Purtroppo il piccolo Andrea potrà un poco migliorare, ma non ce la fa. Non è disordinato, non è svogliato, non riesce proprio ad essere ordinato. La richiesta lo disorienta e lo mette in ansia. Ci prova, e noi lo vediamo, ogni giorno. Non riesce. Dateci fiducia, ogni tanto credeteci. Vogliamo il bene dei vostri ragazzi.

D.a.d.

..,e ansia da prestazione, che vi garantisco, sparisce dopo un paio d’ore. La paura del collegamento viene vissuta male dai genitori che in alcuni casi trasmettono agitazione ai bambini (e avete ragione!! noi vi capiamo! Avete i figli a casa, in sala o in cucina. Magari entrambi. Siete bloccati. Tra l’altro in quarantena. Magari dovreste portare avanti anche il vostro, di lavoro! Siete arci stufi di tamponi e lettere dell’Ats… avete tutta la nostra simpatia!)

I miei sono in terza. Hanno iniziato loro la didattica a distanza tre anni fa, quando ancora non sapevano scrivere. Ormai sono dei campioni! Oggi al termine della mattinata, trascorsa lavorando sodo, scrivendo sul quadernone, completando esercizi e parlando a turno, ho chiesto come fosse andata, secondo loro. Bene maestra, ma almeno cinque su venti mi hanno risposto che avevano ANSIA. Esatto ansia! Caspita a otto anni questi bimbi hanno l’ansia!!! E’ gravissimo, sono rimasta basita. Non hanno detto timore, noia, mal di pancia, sonno, sete. Avevano ansia. Forse dovremmo riflettere.

Giù come un domino

Tre giorni di scuola, cinque classi in testing. Solo nel mio plesso. Con regole nuove, pensate con estrema intelligenza. Prevedere uno screening a tappeto sarebbe stato più oneroso che mandare vagonate di studenti (e familiari a diretto contatto) a farlo poi, nelle strutture adeguate. Adeguate per niente, tra l’altro. A Milano gli esiti dei test eseguiti in ospedale arrivano in differita di due giorni, quelli delle farmacie contano su tempi più rapidi di risposta, spesso bilanciati nella scelta, dalle file in strada già all’alba. Situazione devo ammetterlo che si sta in parte risolvendo, non siamo a livello della vigilia di Natale, ma siamo comunque allo sbaraglio. Tracciamenti ormai persi. Bambini che vengono mandati a scuola anche in presenza di sintomi lievi (che sono sempre del covid, sappiatelo) e che in quattro ore mettono in difficoltà un intero sistema. Per un solo caso positivo infatti adesso tutta la classe viene messa in testing, con obbligo di tamponi al giorno zero e al giorno cinque. Con due positivi la classe va inesorabilmente in quarantena e in dad. Tutta la classe. Da qui genitori disperati che chiedono permessi, si mettono in coda per ore, tengono figli chiusi in casa anche se risultati negativi, con l’obbligo dei compiti e delle lezioni al pc. Non parliamo dei docenti. Io non ho un nasino alla francese, ma a fine bimestre sarà enorme a furia di cotton fioc.

La mia giornata termina qui, dopo un’altra riunione, la correzione delle prime verifiche che sono riuscita a fare completare in presenza, le domande delle mamme all’uscita, che giustamente non si raccapezzano più, tra fratelli chiusi in cameretta e gli altri da recuperare a scuola. La didattica questa sconosciuta, alzo le mani e cambio la mascherina.

#colloqui e verità

Colloqui con i genitori. Che da anni mi lasciano stremata. Adesso che siamo tornati in presenza e siamo uno di fronte all’altro, è bello, comunque, ritrovarsi. Guardarsi negli occhi, studiarsi nei gesti, sentire l’empatia. Anche la non comprensione, la senti meglio. Ti arriva dritta in petto. E stasera è arrivata tutta, diretta a ‘sapetechi’ e scusate lo so pecco di orgoglio, ma… ma io gongolo. Non tutte le famiglie si sono lamentate, però. A molti sta bene così: un colpo al cerchio e uno alla botte dicevamo ieri. Non si impara niente nell’altra metà del cielo didattico, ma i bambini vengono a scuola rilassati e sereni, non gli si chiede nulla, li si chiama scimmiette o pastafrolline (odio) e gli avverbi non contano più. Nemmeno lo studio o la grammatica, ma i figli non stressano a casa e le mamme riescono a tenere in piedi tutta la baracca senza crollare dietro a compiti e pagine da ripetere.

Detto questo C’E’ ANCORA CHI CREDE CHE LA SCUOLA PRIMARIA SIA IMPORTANTE E CHE LE BASI SI ASSIMILINO QUI. Ergo, qualcuno ha fatto notare al mio collega che le valutazioni bimestrali non si prendono da format prestampati e si copiano paro paro sul registro. Che se in educazione civica valuti concetti come sviluppo sostenibile e diritto costituzionale (a otto anni????) non puoi scrivere poi che in italiano non comprendono il testo letterario. Un disastro insomma. Qualcuno gli ha seriamente fatto barba e capelli. E lui si divincolava come un anguilla nella rete, scusate lo so, sono una brutta persona.

Come per magia un papà ha riportato che la figlia dice a casa che le materie della maestra vanno studiate, mentre tanto con il maestro non si fa niente. Testuali parole. E lui si scavava a ogni risposta la fossa da solo. Arrancando scuse, giustificandosi con frasi che iniziavano e non si concludevano. Ha provato a girare la frittata, tirando in mezzo me. Altro errore, sono partiti i confronti, fatti da altri presenti, su come lavoro io e come lavora lui, sembrava tutto orchestrato.

Ha blaterato qualcosa che a questo punto ho zittito io, e senza alcuna empatia, oggi. Non succederà nulla, le lamentele probabilmente si fermeranno qui perché non si può fare la rivoluzione da soli, e i genitori al giorno d’oggi sono presi da mille cose, ma lui ha abbassato la cresta, non ha trovato una spalla, e anzi io non arretro di un millimetro.

#parliamone

Parliamone, di questo cinema degli orrori che sta diventando il provvedimento Covid, che peraltro cambia di settimana in settimana.

Per molti il caos è archiviato, non per chi tra i banchi ci lavora, o ci deve portare i bambini. Premetto che scovare il malato è quanto mai difficile se asintomatico (e ahimè ce ne sono parecchi), quindi nel frattempo il contagio si propaga. Compagni, fratelli in altre classi, maestre, genitori. Individuato il positivo, classe in testing. Cioè a dita incrociate TUTTI VANNO OBBLIGATORIAMENTE A FARE UN MOLECOLARE (no farmacia). E’ necessario però aspettare il messaggio della Asl, che a volte sbaglia i destinatari, a volte ritarda, a volte non si sa… Quindi per uno o due giorni TUTTI GLI ALUNNI E I DOCENTI INTERESSATI CHIUSI IN CASA. Si va in ospedale a fare il tampone, se negativo si torna a scuola, ma si rifà un nuovo tampone al quinto giorno. Per conferma. E già qui la disperazione. La chiamata arriva in tempi diversi, la risposta non ne parliamo, chi esce lo stesso, chi ha il fratellino in una classe differente e cosa fa.. Poiché in assenza di sintomi e di tampone, fratelli e familiari sono liberi, capite da soli il macello..

Ma ammettiamo la negatività. Io l’ho saputo ieri sera alle 23,10, praticamente notte. Oggi ero a scuola (nessuno sapeva con certezza se fosse corretto). Ma se domani tre miei alunni (coi quali io non ho contatti da venerdì scorso) fossero positivi TUTTI IN QUARANTENA. Anche io, che sono negativa, e che non ho più avuto modo di interfacciarmi. NON E’ COSA DA POCO. Stare chiusa in casa comporta anche disagi, enormi. Sapendo che sei sana, ancora di più.

Non è tutto. Nell’altra classe la collega di sostegno ha fatto in una settimana tre molecolari, chiamata dalla Asl. Tutti negativi. Ed è stata sottoposta a un giorno di quarantena. Uno. Con messaggio vincolante del medico. Altro problema non da poco, la DAD. Perché se non siamo in quarantena niente ore al pc. In questo modo si buttano via settimane cruciali, lezioni frontali e didattica, ma a nessuno sembra importare.

Tazza fumante

Tisana allo zenzero, che il mal di gola è l’unico sintomo che ho. Divano, tempo uggioso, guardo il grigio milanese diventare buio. A mezzogiorno la telefonata della responsabile, domani in via preventiva tutti a casa. Non è una quarantena, è una quaranta-zzata, per dirla in latino, almeno nella forma. Il covid 3.0 dilaga, sicuramente nelle scuole. E dove si fa uno screening. A parere mio la metà dei bambini ce l’ha, più o meno asintomatico. Col primo raffreddore lo si scopre. La classe viene indagata e come funghi, tre, cinque, sei sono positivi. Tampone alle maestre. Il primo, quello che fai uscita dal lavoro, per scrupoli, passando dalla farmacista sotto casa, è negativo. E dev’essere un falso perché neanche alla fine della settimana, la collega è colpita, l’altra di religione è affondata, quella della classe accanto, pure. Ergo domani tutti in pseudo vacanza. La Asl ci darà poi direttive, già perché l’assurdità di questa faccenda è che i genitori (anche di figli malati) non sono obbligati a fare tamponi, se non hanno sintomi. I fratellini presenti in altre sezioni, neppure. In realtà neanche i compagni, se i casi sono sotto a tre su venti. Capite da soli che si diffonde come un domino.

#tampone in classe

Matteo è assente da giovedì scorso. Non abbiamo saputo nulla, quindi si presume non abbia il Covid (avrà fatto accertamenti?) perché in questo caso il genitore è tenuto a contattare immediatamente i vari servizi, e fare partire la macchina della sopravvivenza: ricerca di altri positivi in classe e, se accade, quarantena (di dieci giorni), altrimenti tutti amici come prima.

Ma intanto Matteo è assente e i compagnetti riportano che ha il raffreddore. Io maestra non posso chiamare a casa, pena la privacy. La madre, ex rappresentante di classe, potrebbe farci gentilmente sapere. Del tipo, ha fatto il tampone oppure no? Siamo tranquilli oppure dobbiamo aspettarci il peggio? Matteo ha la lingua lunga. Di solito invece della lezione riporta i pettegolezzi della chat, di cui mamma lo rende partecipe. Stessa cantilena stessa faccia, stesse movenze. La famiglia però è omertosa, da sempre. Odiosa è la parola giusta. Non me ne vogliano gli altri, normo dotati. Una di quelle madri che fa capannello fuori dai cancelli. Che semina zizzania. Che sa tutto di tutti, ma che di sé non parla. Che anche gli altri genitori mal tollerano. Una che non ammette che il figlio abbia seri problemi (il famoso detto che la mela non cade….) il primo di autonomia, sempre categoricamente negato. Nessuna notizia chiara, comunque. Nella famosa chat non si esprime, non può essere costretta a fare il tampone, se il pediatra non lo ritiene opportuno. Ergo io me lo riprenderò tra i banchi, senza sapere. In una classe di bambini di otto anni, naturalmente nessuno vaccinato, nella quale coviddo può girare liberamente e a domino buttarci giù. Poi non voglio sentire al tiggì che nelle scuole stanno peggiorando i casi.

mamme 2.0

Mamme sul pezzo, mamme che sanno tutto, mamme indistruttibili, che si commuovono se il figlio esce con un disegno per loro, che urlano se sentono odore di ingiustizia, che piangono se spieghi loro che così stanno sbagliando. Quando è il primo nuovo approccio con la scuola elementare, le mamme multitasking portano con sé tutto quello che sono, la dolcezza, le paure, le ansie, la pianificazione perfetta che dimostrano sul lavoro, l’instancabilità, il coraggio e le loro fragilità.

Comprendono (si sforzano) accettano (meno) brontolano (molto).

La cosa che più mi lascia interdetta è che poi, ad esempio, davanti a casi di negligenza eclatanti, tacciano. Soddisfatte della non belligeranza, del fatto che il bambino venga sereno poiché non sottoposto a richiesta alcuna, che i compiti siano inesistenti e i sorrisi a trentadue denti nel momento del saluto. Misteri, ma non divagherò.

Oggi ho dovuto discutere con una mamma, a cui è stato chiesto di venire a ritirare il bimbo perché continua a starnutire e a soffiarsi il naso. Voglio parlare con la maestra, così mi sente. E’ andata a testa bassa. Mi ha sentita lei. Un’altra, una zia, all’uscita pretendeva che il fratello maggiore venisse consegnato dal corridoio non riservato a noi, perché a recuperare due fratellini, impazzisce, da ingressi differenti. Sono d’accordo. Ma ci sono delle regole dettate dal covid, hanno anche una logica, ci sono delle ‘bolle’ da rispettare, degli orari. E’ un sistema ad incastro, difficile anche per noi che ci muoviamo dentro di esso, ma funziona solo se nessuno falla il sudoku, se nessuno crea precedenti, i patti sono stati firmati e condivisi. Niente, sono stata mandata per direttissima a quel paese, che poi, voglio dire magari, ci fosse anche il mare e una palmetta..